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Crili
Quante volte guardandoci io e il mio maestro, i miei
amici Yamcha, Tensing, Rif, ci siamo scambiati sguardi di profondo sconforto.
L’imbarazzo di sentirsi completamente inutili, inetti, deboli mentre
osservavamo altri nostri amici, ma Goku su tutti, combattere per il destino
della Terra prima e dell’universo intero poi. Croce e delizia del vivere
insieme agli dei senza esserlo. Eppure…
Eppure fummo proprio noi i primi dei. O per lo meno tutti
ci vedevano così.
Si può dire che tutto iniziò quando imparammo a
controllare il nostro Qi in modo da creare onde energetiche e quando imparammo
a volare. Nessun essere umano poteva credere ai propri occhi e noi non abbiamo
avuto neanche il tempo per gongolarci, per godere dei nostri traguardi, presi
com’eravamo dalle preoccupazioni e dagli allenamenti per migliorare ed essere
in grado di sconfiggere chi metteva in pericolo l’umanità intera.
Da quando abbiamo appreso le arti che ci hanno resi
“divini” non passò molto tempo senza doverci preoccupare il destino nostro e
della terra. I nostri petti erano continuamente lì lì per esplodere: tanto
inorgogliti dal poter fare ciò che neanche un esercito poteva, tanto impauriti
dopo esserci resi conto che i nostri poteri erano davvero ben poca cosa rispetto
a quello dei cattivi di turno o di Goku. Durò infatti un nonnulla il periodo in
cui io Yamcha e Goku combattevamo quasi ad armi pari contro i cattivi che ci si
proponevano.
Avere questi poteri è un po’ come esporsi. Come stare su
una torre e poter guardare lontano. Ma allo stesso tempo poter essere visti più
facilmente. Se poi aggiungiamo il fatto che eravamo tra i pochi a conoscere e a
saper utilizzare le sfere del drago è facile comprendere come da quel momento
in avanti tutti i peggior malintenzionati fossero attratti da noi. Soprattutto
quando aspiravano a immortalità e a comandare il mondo. Ma il petto di Goku era
sempre uguale così come i suo sguardo: due occhi affamati non di egemonia, di
diventare il più forte ma di combattere e diventare sempre più forte. Questa è
la differenza – una delle tantissime – tra Goku me e Yamcha: io e Yamcha
volevamo diventare i più forti. Goku voleva semplicemente diventare sempre più
forte. Se avesse potuto scegliere di diventare il guerriero più forte
dell’universo (e avrebbe potuto chiederlo più volte al drago Shenron) penso che
non lo avrebbe mai fatto. Che forse sarebbe stato il suo incubo più grande. Da
chi avrebbe dovuto perdere e imparare?
Piccole e apparentemente insignificanti differenze. Come
quei piccoli rigagnoli che però sono in grado di scavare le montagne. Chi vuole
diventare il migliore e chi vuole migliorare sempre. Tutto qui.
*
Solo nei rari momenti di pace avremmo potuto “godere” dei
nostri poteri, della nostra pseudo divinità, ma l’unico che era in grado di far
ciò era Yamcha. E noi lo prendevamo anche in giro! Usava i suoi poteri per
farsi bello dinnanzi alle ragazze, per diventare un campione di baseball.
Sembrava a volte anche poco etico il suo comportamento: un uomo che impara arti
che devono servire solo ed esclusivamente all’accrescimento personale e alla
difesa personale e dei deboli che svende in questo modo insegnamenti acquisiti
con allenamenti estenuanti e spesso impartiti da entità sovrannaturali. Ma
Yamcha non ha mai ecceduto nel mostrarsi; tutti noi eravamo ben consci del
fatto che mettersi in bella mostra non era giusto. E comunque la maggior parte
delle volte serviva i deboli. Ha semplicemente capito prima di me e di altri
che certe lotte non erano semplicemente alla nostra portata. A quel punto tanto
vale aiutare per quel che si può.
È stato difficile ritrovarsi ad ammirare le gesta di
Goku, capire che non saremmo mai stati forti quanto lui, incontrare il Supremo,
morire e rinascere (non me ne parlate!) senza montarsi la testa. Qualcosa
diceva a noi tutti che queste cose non dovevano essere di dominio pubblico e
non lo erano per qualche motivo sicuramente sacrosanto.
Un giorno io e Yamcha ci siamo confessati una cosa:
questa condizione non ci rendeva felici. Potersela godere soli tra i normali
ben sapendo di essere inutili in ciò che davvero conta.
Poi sorridemmo guardandoci.
Una bambina piangeva per il suo bambolotto finito
sull'albero cadendo dal balcone. La
mamma cercava di far capire alla figlia che ormai era irraggiungibile, di
rassegnarsi quando la distrassi, Signora possiamo aiutarla? Nella frazione di
secondo in cui lei si voltò a guardarmi Yamcha volò sull'albero prese il
bambolotto e me lo mise nelle mie mani che avevo dietro la schiena, È questo
per caso? Sarà caduto per il vento.